Archivi per ‘Pensioni’
Pensioni, un buco di 6,6 miliardi!
Questo è l’effetto delle sanatorie del saldo e stralcio dei crediti contributivi dal 2000 al 2015 voluto dal governo Meloni.
l’allarme è stato lanciato dal Consiglio di indirizzo e Vigilanza dell’Inps che ha quantificato in 6,6 miliardi di € il costo del condono fortemente voluto dalla lega e varato dal governo Meloni.
Questi 6,6 miliardi verranno forniti dalla fiscalità generale, cioè da quelli che pagano regolarmente le tasse e i contributi per aiutare ancora una volta i “poveri evasori di necessità”.
Continua con questo governo il trasferimento di risorse dai cittadini onesti ai disonesti e “furbi”.
Complimenti!
E’ arrivato Babbo Natale (per i ministri)
Con un emendamento alla legge di bilancio ministri, viceministri e sottosegretari non eletti vedranno il loro stipendio equiparato a quelli dei ministri eletti. Cosa vuol dire? Un bell’aumento di 7.193,11 euro in più al mese. Piantedosi, Crosetto, Valditara, Calderone, Giuli, Locatelli, Abodi e i loro vice e sottosegretari ci costeranno 1,3 milioni di euro.
Ma noi pensionati non ci possiamo lamentare, per le pensioni minime c’è un lauto aumento di 1,8 euro, sì avete letto bene ben 1 euro e 80 centesimi in più al mese. Pensate bene a come spendere questo tesoretto, ma soprattutto ricordatevi di chi ci governa e di chi avete eventualmente votato!
Pensioni: Cgil, no ad altri tagli
Nonostante i continui slogan e le promesse fatte in campagna elettorale, il Governo ha un solo obiettivo: fare cassa ancora una volta sulle pensioni.
Le due leggi di Bilancio approvate fino ad oggi lo dimostrano chiaramente: dai tagli alla perequazione delle pensioni, con cui il Governo ha fatto cassa fino al 2032 per ben 61,3 miliardi di euro lordi, fino alla revisione delle aliquote di rendimento per i dipendenti pubblici, che riguarderà più di 700 mila lavoratori e consentirà al Governo di tagliare altri 61,3 miliardi fino al 2043″.
La Cgil denuncia anche l’azzeramento di ogni forma di flessibilità in uscita: “Opzione Donna è stata di fatto annullata, mentre i requisiti di età per l’Ape Sociale sono stati aumentati, rendendo sempre più difficile per le lavoratrici e i lavoratori poter accedere alla pensione. Quota 103 è stato un fallimento totale, come aveva sostenuto da tempo la Cgil. L’intenzione dell’Esecutivo sembra essere quella di mantenere i lavoratori, soprattutto nel pubblico impiego, al lavoro il più a lungo possibile, senza prevedere alcun turn over. I servizi pubblici di qualità vanno garantiti attraverso mirati investimenti sugli organici e sulle professionalità e non costringendo le lavoratrici e i lavoratori a permanere in servizio”.
La Cgil è decisamente contraria sulle nuove ipotesi di tagli che si profilano all’orizzonte, proprio alla vigilia della legge di Bilancio: “Allungare ulteriormente le finestre per la pensione anticipata di quattro mesi significherebbe posticipare l’età pensionabile a 43 anni e 5 mesi per gli uomini e 42 anni e 5 mesi per le donne. Altro che quota 41. Inoltre, non prorogare Ape Sociale e Opzione Donna, già fortemente ridimensionate per il 2024, sarebbe una follia. E l’idea di introdurre un ricalcolo contributivo con 41 anni di contributi è inaccettabile, poiché potrebbe portare a tagli superiori al 20%, in particolare per i lavoratori precoci”.
La Cgil non nasconde il proprio disappunto riguardo all’ennesimo possibile intervento sui pensionati: “Ancora una volta si ipotizza di tagliare la rivalutazione degli assegni pensionistici in un momento in cui l’inflazione sta mettendo a dura prova il potere d’acquisto di tutti, ma soprattutto di chi è già in pensione e vive con risorse limitate. È una vergogna, soprattutto considerate le promesse fatte in campagna elettorale”.
“Un ulteriore tema critico è rappresentato dalla proposta di destinare obbligatoriamente il 25% del Tfr ai fondi pensione. Questo non risolverà il problema delle pensioni basse e non risponde alle necessità dei giovani, che invece hanno bisogno di lavoro e di una pensione di garanzia. Per molti lavoratori, il Tfr rappresenta un ammortizzatore sociale fondamentale, vista la precarietà e i bassi salari”.
“Chiediamo al Governo di aprire un confronto serio sulle pensioni. È inaccettabile che da un anno non ci sia un dialogo con le parti sociali su un tema così delicato. Tutte queste notizie ufficiose che circolano sono, per la Cgil, irricevibili. È tempo che il Governo smetta di fare cassa sulle spalle di chi ha lavorato una vita e inizi a pensare al futuro dei giovani e delle donne, altrimenti rischiamo di assistere inermi a una fuga all’estero di talenti, con conseguenze devastanti per il nostro Paese”.
Pensioni, conguaglio per l’inflazione anticipato al 1° dicembre 2023
Sarà pagato lo 0,8% per recuperare l’inflazione effettiva (8,1%) garantita fin qui per una quota pari al 7,3%
Per effetto della stretta introdotta con la legge di bilancio approvata a fine 2022 la rivalutazione piena al 100% (e annesso conguaglio) è garantita solo per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (2.101,52 euro lordi mensili). Si scende poi all’85% per i trattamenti tra 4 e 5 volte il minimo (fino a 2.626,90 euro), al 53% tra 5 e 6 volte il minimo (fino a 3.152,28 euro), al 47% tra 6 e 8 volte il minimo (fino a 4203.04 euro), al 37% tra 8 e 10 volte il minimo (fino a 5.253,80 euro) e al 32% oltre 10 volte il minimo Inps (quindi, di fatto, da 5.254 euro lordi in su).
Sulla 14° comportamento scorretto INPS: la denuncia dello SPI-CGIL
Quattordicesima: Spi Cgil, bene che l’Inps stia correggendo l’errore sui cedolini delle pensioni di luglio dopo la nostra denuncia
L’INPS provvederà alla revisione dei cedolini di luglio 2023 che, come lo Spi Cgil aveva denunciato ieri, indicavano invece erroneamente gli importi della quattordicesima come “aumento pensioni basse 2023”.
“Si tratta di una scelta giusta e necessaria da parte dell’Istituto di previdenza – commentano Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil e Tania Scacchetti, segretaria nazionale con delega alla previdenza. I due dirigenti del sindacato dei pensionati avevano sollevato il caso, preoccupati dalla confusione e dall’incertezza che si stavano determinando viste le tante richieste di chiarimento già avanzate dai pensionati e dalle pensionate.
“Ribadiamo che la quattordicesima non è un aumento e non è stata definita per il 2023 – hanno voluto ricordare -; spetta dal 2007 a determinate condizioni di reddito e a partire dai 64 anni ed è una importante conquista del sindacato confederale dei pensionati. Il ripristino della dicitura corretta nei cedolini è quindi una buona notizia. Rimane per lo Spi la necessità di ottenere risposte, già nella prossima legge di bilancio: il potere d’acquisto dei pensionati e delle pensionate va tutelato, anche attraverso l’allargamento della platea dei beneficiari della quattordicesima e di un suo adeguamento economico. Il governo trovi le risorse necessarie”.
Pensioni: tavolo deludente, nessuna risposta
Roma, 13 febbraio – “Un confronto deludente: non abbiamo ricevuto alcuna risposta”. Così il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari, in merito al primo tavolo tecnico che si è svolto questa mattina tra Governo e sindacati sulle pensioni, in particolare sulla condizione previdenziale di giovani e donne.
“Per prima cosa 
abbiamo chiesto – ha spiegato Christian Ferrari, segretario confederale 
Cgil – un riscontro in merito al ripristino dei requisiti di Opzione 
donna in vigore fino allo scorso dicembre. Su questo punto, nell’ultimo 
incontro di gennaio, la Ministra del Lavoro si era impegnata a portare 
una proposta di provvedimento in quella stessa giornata in Consiglio dei
 Ministri. Non è successo nulla e oggi c’è stata la semplice 
riproposizione di una generica volontà di affrontare la questione.
Per Ferrari “Opzione donna è una misura parziale e particolarmente 
penalizzante, ma un intervento correttivo, oltre a dare una risposta 
alle oltre 20mila lavoratrici che mediamente ne fanno richiesta, avrebbe
 rappresentato un primo, timido passo per dare credibilità al confronto 
complessivo sulla previdenza. Se neppure su questo punto ci sono 
progressi, c’è davvero da dubitare sulla reale intenzione dell’Esecutivo
 di puntare a obiettivi di riforma più ambiziosi e sostanziali per tutte
 le lavoratrici come quelli proposti unitariamente da Cgil, Cisl, Uil”.  
“Come è noto – ha sottolineato il dirigente sindacale – le donne sono state le più colpite dalla riforma Fornero, che di fatto ne ha allungato l’età pensionabile: sette anni per chi aveva iniziato a lavorare prima del 1995 e molti di più per chi è nel regime contributivo, visto che non riuscirà mai a raggiungere gli importi soglia per uscire prima dei 73 anni. Per noi è necessario creare le condizioni per un’uscita flessibile a partire da 62 anni e, per le donne che svolgono un lavoro di cura in ambito familiare, va garantito un ulteriore riconoscimento previdenziale”.
Sul versante giovani, secondo Ferrari “si deve puntare innanzitutto ad allargare la base contributiva attraverso politiche finalizzate alla creazione di nuova occupazione, al contrasto della precarietà e all’aumento dei salari. La strada esattamente opposta a quella intrapresa nell’ultima legge di bilancio, con l’allargamento dei voucher, o all’ipotesi di un’ulteriore deregulation dei contratti a termine”. “È poi necessaria – ha proseguito il segretario confederale – l’introduzione di una pensione contributiva di garanzia inserendo elementi di solidarietà all’interno del sistema e agendo attraverso il mix tra anzianità ed età di uscita. Il che vuol dire che più crescono contribuzione ed età anagrafica più aumenta l’assegno di garanzia, valorizzando tutti i periodi degni di tutela come la disoccupazione, la formazione, le politiche attive, stage, tirocini ecc.”. “Rafforzare il patto intergenerazionale è fondamentale in un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro, dove i contributi dei lavoratori attivi servono a pagare gli assegni di chi si trova già in pensione. Se non si daranno certezze ai giovani sulla loro pensione futura, incentivandoli a rimanere attivi nel mercato del lavoro e a versare i contributi, si rischia davvero di andare incontro ad una crisi profonda dell’attuale sistema”. “Al termine dell’incontro il Governo – riservandosi ulteriori valutazioni in merito ai diversi temi oggetto del confronto – si è impegnato a riconvocare successivamente il tavolo”, ha riferito in conclusione Christian Ferrari.






